Estinzione del reato per condotte riparatorie

23.06.2020
Con la L. 23 giugno 2017 n. 103 di riforma del codice penale e di procedura penale e dell'ordinamento penitenziario, la prima modifica introdotta dalla novella legislativa riguarda le cause di estinzione del reato, ovvero a quei fatti giuridici idonei a minare la punibilità in astratto di una determinata fattispecie delittuosa.
Questa riforma è ispirata ad esigenze di efficienza e celerità processuale, introducendo in apertura una nuova causa di estinzione in tutti i casi in cui il fatto produce interessi di tipo esclusivamente privato.
Tale causa estintiva potrà operare solo rispetto ai reati procedibili a querela e con querela rimettibile, ossia quelli che realizzano un'offesa ad interessi individuali nella disponibilità del titolare.
Il nuovo art. 162-ter c.p. prevede che nelle ipotesi delittuose procedibili solo per volontà di parte, l'imputato possa vedere estinto il reato contestato, sino all'apertura del dibattimento, se ripara interamente il danno cagionato mediante le restituzioni o il risarcimento ed elimina le conseguenze dannose o pericolose dello stesso.
La forma scelta dal legislatore è quella della causa di estinzione del reato e non del rito alternativo premiale.
La norma in esame potrà operare soltanto in riferimento ai reati procedibili a querela rimettibile, quei delitti e quelle contravvenzioni che realizzano un' offesa ad interessi individuali nella esclusiva disponibilità del titolare senza che sussistano ipotesi perseguibili d'ufficio; per converso non potrà operare per quelle ipotesi di reato punibili in via alternativa a querela ovvero d'ufficio poiché in tali ipotesi il bene giuridico leso conserva una dimensione che trascende la singola persona lesa.
La scelta di privatizzare in un certo senso la decisione in ordine alla punibilità di condotte minori, appare coerente con l'esigenza costituzionale di garantire la risocializzazione dell'imputato.
Ciò posto, la causa di estinzione del reato deriva dalla riparazione del danno cagionato alternativa ad una somma di denaro equivalente al pregiudizio causato alla persona offesa (risarcimento) ovvero mediante la reintegrazione dello stato di fatto preesistente alla commissione del reato (restituzioni).
La suindicata ipotesi di estinzione di cui all'art. 162-ter troverà applicazione ad un numero limitato di illeciti penali.
Secondo l'ipotesi riparatoria in esame il giudice constata l'intervenuta integrale riparazione del danno cagionato, non ha alcuna discrezionalità ulteriore, e deve dichiarare estinto il reato.
L'unica ipotesi eccezionale in cui il giudice può e deve compiere una valutazione di congruità è prevista nel comma 2 di detta norma, che in base al disposto di cui all'art. 27 Costituzione dovrà agevolare la ricomposizione della frattura creatasi con l'illecito, ma avrà il potere-dovere di intervenire nell'accordo quando sia manifestata da un lato, la volontà propositiva alla riconciliazione del supposto autore del fatto e, dall'altro, la totale mancanza di collaborazione della persona offesa.
Infatti, il giudice dovrà sempre fare in modo che il veto della p.o non si trasformi in un limite ingiustificato ed illegittimo di avvalersi in una causa di estinzione del reato.
L'art. 162-ter c.p prevede che la condotta riparatoria non si limiti al mero risarcimento ma includa la possibilità di restituzione, intesa come ripristino dello status quo ante mediante l'eliminazione delle conseguenze dannose e pericolose del reato.
Il risarcimento deve essere integrale, ad eccezione del caso in cui non si tratti di danno non facilmente quantificabile in termini economici, ove il giudice deve valutare la condotta dell'imputato nell'eliminazione delle conseguenze del reato.
Per la valutazione dell'integrità del risarcimento sarà fondamentale l'audizione della p.o la quale avrà senza dubbio un ruolo fondamentale nel convincimento del giudice.
La novella stabilisce che l'imputato deve aver riparato interamente il danno prima dell'apertura del dibattimento e non solo "dimostrare di aver proceduto alla riparazione del danno", con ciò sottolineando che ante dibattimento è richiesto all'imputato il completo ripristino dello stato quo ante.
La novella ammette la possibilità che l'imputato formuli un offerta reale ai sensi dell'art. 1208 ss c.c.
In tal caso essendo in presenza di un'offerta che presenta determinate caratteristiche previste dalla legge a garanzia della certezza e della esigibilità della medesima, il giudice può dichiarare estinto il reato anche se la p.o non acconsente, nel caso in cui ritenga congrua l'offerta.
Con riguardo all'art 1208 c.c. affinché siano utilizzabili nel procedimento penale i requisiti previsti, il creditore sarà la p.o o parte civile costituita, e dovrà essere ai fini della validità dell'offerta capace di ricevere; ovvero l'offerta dovrà essere fatta da persona che dovrà validamente adempiere.
L'art 162-ter c.p rinvia alla facoltà di deposito di cui all' art. 1210 c.c. qualora il creditore/p.o rifiuti l'offerta reale, per rigore letterale il debitore/imputato potrà beneficiare dell'estinzione del reato eseguendo il deposito della sua offerta reale.
Al comma secondo si prevede la possibilità della rimessione in termini, ossia l'imputato può chiedere un termine ulteriore per poter adempiere al pagamento del risarcimento se dimostra di non aver potuto adempiere per causa a sé non imputabile nel caso di caso fortuito o forza maggiore.
In tal modo l'imputato può essere ammesso al beneficio anche a dibattimento aperto, la sospensione del processo disposta dal giudice sarà salvaguardata dalla corrispondente sospensione del termine di prescrizione.
Il legislatore ha previsto per l'istituto de quo una disciplina transitoria, ove è del tutto evidente l'ispirazione al principio generale del favor rei e all'esigenza di garantire fin da subito quell'effetto deflattivo, che le recenti riforme perseguono.
Dal punto di vista pratico, l'imputato ha solo l'onere di chiedere il termine per provvedere alle restituzioni nella prima udienza successiva alla data di entrata in vigore della presente riforma.
Il termine per le riparazione non potrà essere superiore ai 60 giorni e non è concedibile nel giudizio di legittimità. Concesso il termine, il giudice ordina la sospensione del processo e fissa un'udienza di verifica successivamente alla scadenza del termine stabilito.
Dott.ssa Elisa Gastino
Associate Junior

Studio Legale Franco 

Articolo a cura della Dott.ssa Elisa Gastino


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