La tutela della salute del lavoratore al tempo del COVID-19

22.05.2020

Nell' emergenza sanitaria che sta vivendo il nostro Paese a causa della pandemia covid-19, ritorna fortemente il tema della tutela della salute del lavoratore e della responsabilità del datore di lavoro.
Da diversi decenni il diritto penale del lavoro è certamente una delle tematiche più studiate dalla dottrina e dalla giurisprudenza.
Con tale espressione, oggi, si vuole intendere un complesso di precetti penalmente sanzionati che ruota intorno al concetto di lavoro in senso ampio.
Essi non rappresentano una disciplina giuridica autonoma, bensì un complesso di norme caratterizzate dal riferimento costante al lavoro e dalla previsione di un corrispondente quadro sanzionatorio penale.
Esistono altri beni costituzionalmente tutelati, accanto al lavoro che nella gerarchia dei diritti tutelati dalla carta costituzionale hanno una posizione di preminenza rispetto all'attività imprenditoriale.
Si tratta dei diritti che attengono alla vita, alla salute, intesa sia come integrità fisica sia come benessere psicologico. Ovvero, oggi, si fa riferimento al diritto alla salute dei lavoratori.
Ecco quindi che tale analisi si concentrerà su tale ambito del diritto penale, facendo continuo riferimento ai sistemi di protezione di quella serie di interessi che si presentano come strettamente collegati al concetto di lavoro.
In effetti, le questioni che attengono alla tutela dei lavoratori sono stati al centro dell'attenzione del legislatore italiano già a partire alla fine dell'Ottocento, in concomitanza con l'esordio di una normativa di carattere risarcitorio.
Bisognerà attendere, alcuni anni, prima di poter registrare una svolta significativa sul piano legislativo, in particolare, il primo importante segnale arriva con l'emanazione del codice penale del 1930.
Ecco quindi che il codice penale prevede alcune norme specifiche (artt. 437-451-589-590) a tutela della salute dei lavoratori.
Dello stesso tenore è, pure, il codice civile che viene emanato alcuni anni più tardi, nel 1942, in cui è inserita una norma che risulterà, per effetto, della consolidata giurisprudenza, di fondamentale rilevanza, per l'appunto l'art. 2087 c.c.
Si può affermare che è proprio con il codice civile, segnatamente, l'art. 2087 c.c., che s'introduce nell'ordinamento il moderno concetto di obbligo di sicurezza gravante in capo al datore di lavoro.
Con l'entrata in vigore della Costituzione nel 1948, alla luce d una nuova visione della persona, la salute del cittadino trova uno spazio proprio ed autonomo ai sensi dell'art. 32 Cost.
Sulla base di tali presupposti normativi, negli anni '55-'56 vengono emanati alcuni provvedimenti legislativi, D.P.R. 27 aprile 1955 n. 547, in materia di prevenzione degli infortuni e D.P.R. 19 marzo 1956 n. 303, in materia di igiene del lavoro, ancora oggi vigenti e parzialmente abrogati.
Inoltre, l'attività del legislatore continua in materia di sicurezza del lavoro e, all'inizio degli anni '80, il nostro legislatore inizia a recepire la normativa comunitaria.
Altra tappa determinante è quella che rappresentata dall' intervento che il sindacato attua rispetto ai temi di sicurezza e che cambia migliorando le condizioni salariali dei lavoratori.
Si tratta dell'introduzione dello Statuto dei lavoratori (legge 20 maggio 1970 n. 300).
Un iter legislativo, dunque, che si articola in un arco di tempo certamente esteso che troverà completamento negli anni '90, per effetto, del D.lgs. 624/90, che dà attuazione alla direttiva madre in tema di sicurezza.
Dopo questa essenziale normativa, indicata come rivoluzione copernicana in ambito di prevenzione, non ci sono state grandi novità legislative fino all'emanazione del D.lgs n. 81/2008, normativa vigente, che è il "Testo unico in materia di sicurezza ed igiene sul lavoro".
Detto Testo contiene le regole fondamentali sulla tutela del lavoratore, con riguardo all'obbligo di sicurezza sul lavoro accanto all'individuazione dei soggetti responsabili e alla menzione dell'istituto della delega di funzioni, che nasceva come istituto creato dalla giurisprudenza, e che solo di recente ha trovato una consacrazione nel diritto penale del lavoro.
Nel codice penale si ravvisano alcune fattispecie poste a tutela della vita e dell'incolumità pubblica dei lavoratori quali le ipotesi criminose previste dagli artt. 437 e 451 c.p. e dagli artt. 589 e 590 c.p.
L'attenzione maggiore è rivolta alla fattispecie di cui all'art. 437 c.p., rubricato "rimozione ed omissione di cautele contro gli infortuni sul lavoro".
Detta norma incriminatrice è posta al precipuo fine di presidiare l'incolumità pubblica in relazione alle lesioni che possano verificarsi all'interno dei luoghi di lavoro a seguito di omissione od rimozione delle precauzioni necessarie ad evitare il verificarsi degli infortuni. Invero, il reato de quo punisce nella forma omissiva il datore di lavoro che non abbia predisposto gli apparecchi necessari per evitare o prevenire infortuni sul lavoro, con coscienza e volontà di realizzare la suddetta condotta.
Inoltre, punisce, nella forma commissiva del reato, chiunque, con dolo, li rimuove o li danneggia.
Orbene, il comma secondo della norma citata, statuisce che il verificarsi del disastro o dell'infortunio costituiscono circostanza aggravante del reato previsto dal comma 1.
Secondo l'opinione prevalente in dottrina ed in giurisprudenza il delitto di cui all'art. 437 c.p. concorre con altre figure criminose quali gli artt. 589 e 590 c.p., nonché si ammette il concorso del reato anche con la normativa speciale in tema di prevenzione degli infortuni sul lavoro. Altra norma posta nel codice penale a tutela della sicurezza dei luoghi di lavori è l'art. 451 c.p., rubricato "omissione colposa di cautele o difese contro disastri o infortuni sul lavoro". Essa costituisce un delitto colposo, diversamente dalla precedente fattispecie, ha lo scopo di limitare i danni derivanti da incendio, disastro, o infortunio sul lavoro già verificatosi.
Orbene, anche la suddetta norma concorre con le contravvenzioni previste dalle singole disposizioni in materia di prevenzione degli infortuni sul lavoro.
Il "Decreto Cura Italia" qualifica il contagio da coronavirus come un infortunio meritevole di ricevere copertura assicurativa Inail.
Il datore di lavoro, pertanto, è esposto alla responsabilità penale per i reati di lesioni ai sensi degli artt. 590 e di omicidio colposo ai sensi dell'art. 589 c.p., aggravati dalla violazione delle norme infortunistiche, laddove non abbia adottato misure necessarie a prevenire il rischio di contagio, cagionando la malattia o la morte del lavoratore.
Invero, il datore di lavoro è titolare di una posizione di garanzia ai sensi dell'art. 2087 c.c , che gli impone di tutelare l'integrità psico- fisica dei lavoratori.
A questa norma generale si affiancano le disposizioni previste dal D.lgs 81/2008.
In particolare, l'art. 18 pone a carico del datore di lavoro obblighi specifici:
-fornire ai lavoratori i necessari ed idonei dispositivi di protezione;
-informare i lavoratori esposti al rischio di un pericolo grave e immediato circa il rischio stesso e le disposizioni prese o da prendere in materia di protezione;
-astenersi dal richiedere ai lavoratori di riprendere le loro attività in una situazione di lavoro in cui persiste un pericolo grave ed immediato.
Orbene, violare gli obblighi previsti dal D.lgs. 81/2008 sarebbe già soggetto a sanzione penale, a prescindere che si verifichi o meno l'infortunio.
Da ultimo, se l'imprenditore o datore di lavoro investito degli obblighi suesposti non si attiva per impedire il contagio da coronavirus ne deriva una condotta penalmente rilevante ai sensi dell'art. 40, comma2, c.p., laddove sia possa ravvisare un nesso di causalità tra la sua inerzia e l'evento contagio.
Al riguardo, nei casi più gravi di violazione delle regole cautelari, si potrebbe addirittura trascendere da un responsabilità colposa ad una dolosa, quantomeno nell'ipotesi di dolo eventuale.
Si pensi all'imprenditore che non si sia attrezzato per aprire in sicurezza la propria attività, ciò nonostante decida di richiamare al lavoro i propri dipendenti per riavviare la produzione confidando che nessuno si contagerà (colpa cosciente) oppure accettando il rischio che tra loro possa diffondersi il contagio (dolo eventuale).
A cura della Dott.ssa Elisa Gastino
Junior Partner Studio Legale Franco Avvocati

Articolo a cura della Dott.ssa Elisa Gastino 

© 2019 Studio Legale Giuseppe Franco. Tutti i diritti riservati.
Creato con Webnode Cookies
Crea il tuo sito web gratis! Questo sito è stato creato con Webnode. Crea il tuo sito gratuito oggi stesso! Inizia